1 Marphenot, 1359 DR – Nelle fogne di Zhentil Keep

Due forti colpi i riecheggiarono per la sala. Qualcuno, utilizzando i battacchi in bronzo che avevo fatto fondere con il simbolo del drago, richiamava la mia attenzione. Mi sovvenni che mi attendeva una visita sgradita.

Era passato un anno da che ero tornato nel sottomondo e la Città dei Ghoul era stata ricostruita con il nome di Undermilk. L’opera era stata condotta dai nani, con qualche suggerimento da parte degli svirfneblin che l’avevano ampliata fino al lago sotterraneo, dove vi avevano costruito un porto fortificato e un vero e proprio labirinto sotterraneo per le dimore dei kuo-toa. Il Cormyr aveva continuato a inviare attrezzatura in modo discreto e in nessun caso si era intromesso nelle nostre faccende.

Jarthoon si era fatto vivo con sufficiente frequenza commissionandomi diverse missioni. Consegnammo messaggi, accompagnammo trasporti delicati, recuperammo alleati da territori oltre confine e ci producemmo in azioni dissuasorie nei confronti di elementi non graditi nei territori del regno, senza provocare incidenti diplomatici.

Molto presto mi resi conto che avrei potuto sfruttare certe peculiarità che stavamo sviluppando. La capacità di sopravvivere, spostarci e orientarci nell’Underdark ci avrebbe potuto dare un netto vantaggio rispetto ai nostri avversari di superficie. Potevamo muoverci non visti ed emergere nei pressi del nostro obiettivo o sparire nel sottomondo, luogo in cui eventuali nemici avrebbero esitato a seguirci o avrebbero potuto trovarsi a mal partito una volta dentro.

Tuttavia, per quanto i sunlight six si fossero rivelati un gruppo di individui capaci di lavorare in squadra – lo stesso Dutharr si avvedeva quasi sempre quando stava tirando troppo la corda – ed avessero confermato tutte le qualità che mi aspettavo da loro, il sottomondo non sarebbe mai stato il loro ambiente naturale. Avevo bisogno di allargare la mia compagnia a creature in grado di fornire supporto nelle fasi delle operazioni che si svolgevano nell’Underdark.

Fu così che incontrai Reznor Franko, un drow fuoricasta in grado di usare arti marziali, arti della guerra, con un innato istinto di sopravvivenza; Tassos Bravos, uno dei nani che avevo liberato da Doresein e che aveva deciso di rimanere a vivere ad Undermilk, prete della vita devoto di Sharindlar, i cui interventi taumaturgici si rivelarono indispensabili per rimetterci in sesto dopo le azioni violente, che, nonostante la nostra prudenza, alle volte non potevamo fare a meno di evitare e infine Royksopp the undrowned, un kuo-toa dotato di poteri arcani derivanti dall’adorazione di qualche umida divinità sotterranea.

“Lieto di vederla in salute, Capitano Bumblerose!”

Jarthoon in quell’occasione non era venuto solo. Un uomo di una certa età, dal corpo tonico e lo sguardo tagliente era con lui e guardava in giro con fare indifferente.

Lo conoscevo, ma non sapendo se il polveroso nobile ne fosse a conoscenza, preferii rimanere in silenzio.

“Vedo che i lavori di ricostruzione sono stati terminati, a breve giovani volenterosi verranno inviati qui per apprendere l’arte segreta del sabotaggio e dell’infiltrazione.”

“Lieto della vostra approvazione, Lord Jarthoon.”

“Come al solito, non mi tratterrò oltre lo stretto necessario, l’aria malsana di fogna che si respira qui sotto non mi fa bene alla salute.”

Il lord ignorava che quelle parole a tempo debito qualcuno gliele avrebbe fatte rimangiare fino a che non ne rimanesse soffocato.

“Questi è mastro Gruncer – disse indicando l’uomo che era venuto con lui – come saprà eccellente istruttore militare.”

“La sua fama la precede, mastro istruttore,” dissi a Gruncer tendendogli la mano.

Grevan Gruncer

Gruncer ricambiò con una stretta poderosa, segno che gli anni non lo avevano per niente indebolito. Quell’uomo, Grevan Gruncer,  era stato il mio maestro personale durante il mio addestramento da ufficiale. Gli dovevo praticamente tutto. Dubitavo al lord fosse sfuggita questa informazione quando aveva certamente fatto un’indagine su di me. Mi prendeva per fesso? Che facesse, un giorno lo avrei preso per la gola.

“Mastro Gruncer ha tutte le specifiche della missione. So che lei ama lavorare da solo con i suoi uomini, capitano, ma in questo caso è indispensabile. Spero capirà.”

“Sarà un onore. Arrivederci mylord.”

-xxx-

“Capitano della compagnia autonoma del drago bianco, c’è di che essere soddisfatti!”

“Considerato che Thomdor mi avrebbe volentieri strozzato con le sue mani, direi che è già qualcosa.”

“Sei sempre stato promettente, Zachary, ma c’era sempre una parte sfuggente di te che ti impediva di completare quello che iniziavi.”

“È la mia parte affascinante! Mi sono fatto scaricare qua sotto per valorizzarla, guarda!”

Dissi, mostrandogli con un sorriso beffardo, la mia pelle ustionata.

“Cosa si beve da queste parti?”

“Una milk stout a fermentazione spontanea che prende il nome di Pale Jeanne, la fanno i nani a partire da una specie di fungo che hanno trovato qua sotto.”

Mentre passeggiavamo per Undermilk, togliendoci la persistente schiuma dai baffi, con un boccale di birra in mano, Gruncer mi chiarì i dettagli della missione.

“A Zenthil Keep c’è un ingresso nell’Underdark, Zachary. Non viene molto usato e la sua ubicazione non è sconosciuta ai più, tuttavia chi mi invia ritiene che nei possibili scenari futuri, l’impiego di quel passaggio da ambo le direzioni potrebbe produrre risultati difficilmente controllabili ed è quindi una minaccia per l’ordine di questo mondo!”

“Di quale mondo parli, Gruncer?”

“Lo sai bene, non  metterti a fare dei giochetti con me!”

“D’accordo, quindi?”

“Io sono in contatto con un contrabbandiere a Zhentil Keep. Conosce l’ubicazione dell’ingresso ed è disponibile a mostrarcela. Le sue condizioni sono la mia presenza come garante per la sua incolumità e una ricompensa che tramite me gli verrà fatta avere. Come sai gli Zhentarim hanno occhi ovunque e non sarà facile passare inosservati. Una volta giunti sul luogo dovremo chiudere l’ingresso in modo che possa essere utilizzato solo da noi sia per entrare che per uscire dall’Underdark e poi celarlo alla vista. Essendo che qualcuno ne conosce l’esistenza, dovremo anche fare in modo che l’ingresso sembri crollato o inaccessibile in modo permanente.”

“Sei un mastro costruttore, Gruncer?”

“No.”

“Ne hai portato uno con te?”

“No.”

“Ti presento una persona.”

Knick-Knack sembrò capire al volo la richiesta, che parve non impensierirlo minimamente.

Più difficoltoso fu decifrare la distinta del materiale necessario per il lavoro e prendere coscienza dello spazio e il peso che tutta quella roba avrebbe comportato. Non solo non avremmo potuto tentare alcuna azione di infiltrazione con tutta quella roba, ma sarebbe stato problematico perfino spostarsi.

Mi sorse qualche dubbio quando cominciò a farfugliare qualcosa a proposito del piano etereo. Compresi infine che aveva calcolato tutto ciò che avrebbe potuto servirci in uno spazio in cui non vi era nulla, così aveva compreso le pietre e ci aveva dato una lista accurata di pietre per la ricostruzione di un ambiente tipico del sottomondo.

Lo rassicurai che molto avremmo potuto trovarlo sul luogo e altro avremmo improvvisato.

Anche così il carico sarebbe stato importante, ma almeno avremmo potuto muoverci.

“Potevate dirmelo subito,” sentenziò lo svirfneblin tinker.

Valutai che non avremmo potuto essere più di sei persone per non dare troppo nell’occhio. Ci saremmo comunque mossi in due gruppi separati. Alla fine optai per me stesso, che avevo il dovere di partecipare direttamente ad ogni missione, Knick-Knack, che doveva provvedere a chiusura e dissimulazione degli ingressi, Gruncer che aveva il contatto con il contrabbandiere, Dutharr che aveva buone spalle e al quale mi affidavo più che ad ogni altro quando era ora di incrociare le armi, Reznor che era, assieme a Royksopp, il nostro riferimento per gli spostamenti nell’Underdark e leggermente meno vistoso in superficie e Weirdo, le cui arti arcane si combinavano mortalmente con quelle marziali mie e di Dutharr.

-xxx-

Lasciai ai nani le disposizioni di rito per l’amministrazione di Undermilk, unici, tra tutti popoli che avevano aderito alla Lega, a non avere un altro luogo dove vivere, cosa di cui ero ben grato.

Scendemmo a piedi dalle Cime Tempestose e raggiungemmo Highmoon. Pensai di cercare Meena, compagna di avventure della mia giovinezza, poi desistetti, ritenendo che un incontro frettoloso sarebbe stato deprecabile da parte mia. Ci procurammo due cavalli per Dutharr e Gruncer e un carro coperto del quale mi misi alla guida, su cui caricammo i materiali richiesti da Knick Knack. Passammo per Ordulin e ci addentrammo nell’antica foresta di Cormanthor, antica, piena di ombre e di sussurri indecifrabili. Anni prima la Compagnia dei Custodi si sciolse all’ombra delle sue frasche, stregata dalle malie delle sue rovine. Facemmo sosta a Essembra per uscire infine sul Mar della Luna, dove ci dividemmo in due gruppi che procedevano separatamente. Io, Reznor e Weirdo sul carro, Dutharr, Gruncer e Knick-Knack sui cavalli e un piccolo pony noleggiato per l’occasione. Ogni sera ci saremmo trovati alla medesima locanda senza che nessuno potesse sospettare nulla. Facemmo tappa a Hillsfar, passammo per Yulash e, alla fine, dopo 15 giorni da che avevamo salutato il nostro regno sotterraneo, giungemmo a Zhentil Keep.

Reznor rifiutava di mettere il naso fuori dal tendone del carro prima del tramonto, Weirdo mostrava di essersi completamente lasciato alle spalle l’esperienza di guerramago ed essere ben felice di prendere quello che la vita gli passava e di non starsene con le mani in mano in quella cella, che lo aveva però aiutato a ritrovare se stesso. Così me ne stavo a guardare il grande lago, domandandomi se il tempo avrebbe portato quiete o tempesta.

Dutharr giunse la sera del secondo giorno nel nostro accampamento poco fuori dalla città. Io, Weirdo e il drow, che manteneva sempre il volto coperto da un cappuccio, stavamo consumando un po’ di salsiccia briaca che avevo cucinato io stesso e l’atmosfera era rilassata.

“Vi dispiace se mi aggrego all’allegra compagnia? Ne ho abbastanza della confusione della città,” Dutharr fingeva di non conoscerci. Gli altri non c’erano. Qualcosa non andava.

“Ma certo, è un piacere.”

Nello stringermi la mano, Dutharr mi passò un biglietto. Con la scusa di recuperare una bottiglia di vino, entrai nel carro e lo lessi.

 

Non c’è luogo a Zhentil keep che non sia sorvegliato. Questa notte avanzate lungo la strada sul terrapieno che costeggia la città a sud-est. E’ la zona delle fogne. Là, fermate il carro e mentre uno di voi nella veste di  guidatore si ferma per caricare la sua pipa, gli altri scaricano il materiale da un lato del carro in modo da coprire l’operazione. Sotto ci saranno due barche. A seguire scenderete tutti.

Probabilmente ci metteranno un po’ a capire cosa succede e questo ci darà un certo margine di tempo per sbrigare le nostre faccende.

 

Dorvak

 

P.S. Lo svirfneblin ha detto che avremmo dovuto dirlo prima, ma vi prego di capire che io qui faccio il possibile.

 

Dopo una mezz’ora di convenevoli e un paio di brindisi, Dutharr ci lasciò.

La notte era resa più buia da alcune nuvole che coprivano la Luna. Ciò favoriva il nostro silenzioso scivolare sulle acque nere del Moonsea, ma in quelle condizioni non vedevo un accidente, per non parlare del pericolo di finire in acqua. A quel punto anche le fogne andavano bene, purché facessimo in fretta.

Tutto proseguiva liscio, ogni tanto mi giravo in direzione del carro che avevamo lasciato e mi domandavo se le ombre che vi vedevo attorno fossero persone o solo proiezioni del fuoco della lanterna lasciato acceso.

Ben presto le barche si arenarono nei pressi di un muro sopra il quale sorgeva la città.

Scaricammo il carico, mentre l’odore rivoltante di fogna, entrando dalle narici, si faceva largo fino al nostro stomaco. Dorvak e Gruncer affondarono le due piccole imbarcazioni, segno che non avremmo usato lo stesso ingresso per entrare e per uscire.

Il carico venne distribuito tra me, Dutharr e Gruncer, negli zaini speciali in deformabile e resistente pelle di manta che ci eravamo fatti confezionare dagli artigiani kuo-toa. Mirabili manufatti, che tuttavia non perdevano mai un leggero puzzo di pesce andato a male.

A qualche centinaio di metri dal nostro attracco si apriva un buco nelle mura, come se qualcuno lo avesse sfondato dall’interno. Gli stivali erano già bagnati dell’acqua del Moonsea e a giudicare dal liquido ributtante che sgorgava dalla fogna, non li avrei mai più potuti indossare al ballo delle debuttanti di Arabel.

Era come infilarsi volontariamente nella gola del kraken, ma quella era la nostra strada e, a quanto pareva il tempo era a nostro sfavore.

All’interno ci trovammo in un basso condotto, in cui l’acqua di scarico arrivava a metà polpaccio. Qualcosa vi era penetrato e ne aveva sfondato una parete. Se ne era andato per non tornare o quella era la sua tana, nella quale aspettava solo gonzi come noi per sfamarsene senza sforzo?

Protetto dai muri della cloaca, il mio scudo cominciò ad emanare un bagliore. Finalmente potevo vedere. Trassi un sospiro di sollievo, ma subito me ne pentii, perché a stento trattenni un immediato conato di vomito. Io e Dutharr procedevamo appaiati ergendo i nostri scudi come fossero mura di difesa. Dietro a noi Weirdo a cui era passata per un attimo la voglia di fischiettare. Al centro Knick-Knack che, per quanto non lo avessimo messo alla prova, non dava l’idea di essere un grande combattente e Reznor intento scrutare i soffitti e pronto con la sua balestra scura. A chiudere le fila Gruncer con le sue due armi sguainate e Dorvak che reggeva un’interessante mazza di fattura pregiata.

Sbucammo in una stanza più grande, forse un tempo un punto di convergenza di più diramazioni, ma ora metà della stanza era crollata e l’altra metà in cui ci trovavamo noi allagata e a forte rischio crollo. Speravo che Dorvak non ci stesse tendendo un tranello, altrimenti ci eravamo già dentro con tutti e due i piedi.

“Che tu sia dannato, Bumblerose, non mi calciare i piedi che già ne abbiamo abbastanza di questa situazione.”

“Dutharr, io non ti ho sfiorato, ma allora che diavolo…?”

Cominciammo a sentire e a vedere dei tonfi in acqua. Alzai lo sguardo e illuminai il soffitto con la luce dello scudo le pareti erano letteralmente ricoperte di enormi millepiedi che si staccavano e ci cadevano addosso. Sentivo le loro zampe picchiettarmi sull’armatura e le loro piccole zanne cercare di mordermi passando attraverso i fitti anelli della mia cotta.

Vedevo Dutharr dimenarsi cercando di schiacciarne quanti più possibile con l’elsa della spada, con il tacco dello stivale e con lo scudo. Gruncer imprecava e malediva il nome di molti più dei di quanti ne conoscessi io, le frecce di Reznor sibilavano precise. Dorvak, quel dannato era scomparso! Ma per quanti ne colpissimo, pareva che ne piovessero il doppio, vomitati da una terra che dopo un sbronza millenaria avesse deciso di rigettare in quel momento una frittura malcotta di dimensioni apocalittiche. Con sguardo d’intesa, Knick-Knack e Weirdo cominciarono a cantilenare e a muovere le mani. Come colti da un’improvvisa paralisi, gli ignobili gamberetti delle fogne cominciarono a cadere inerti, concedendo un attimo di respiro a quella paranza infernale.

Quarter “Weirdo” Margrave

“Ora via tutti,” disse deciso il mago. Ci precipitammo in avanti, lungo il corridoio e Weirdo nuclearizzò la stanza. Una sfera di fuoco lo avvolse senza scalfirlo, ponendo fine all’orrenda grandinata alla marinara.

“Vi ho detto che non c’è tempo da perdere e voi vi trastullate che gli insettini,” ci incalzò Dorvak, improvvisamente riapparso davanti a noi.

Con uno sguardo d’intesa, promisi a Dutharr che avrebbe potuto torturare il nano a suo piacimento quando la nostra missione fosse terminata.

Il condotto continuava il suo putrido corso, ma il duergar si era fermato di fronte a una nuova apertura. Nuovamente sembrava che qualcuno l’avesse aperta da dentro a spintoni. Non c’era modo di fermarsi a capire a quanto risalisse quella bravata.

“Di qua!”

Se entrare nel condotto era stato come entrare nelle fauci di un remorhaz, questo orifizio pareva spingerci direttamente nei suoi intestini. L’olezzo che ne proveniva si arricchiva di una sfumatura di marcio che avrebbe fatto la felicità di un maestro sommellich.

Spingendo sempre più a fondo le nostre anime nei visceri oltraggiosi della terra, ci ritrovammo in una costruzione più antica e, benché fatiscente e abbandonata da secoli, certamente di maggior pregio rispetto alle fogne.

Nell’Underdark, Reznor era la nostra avanguardia, invece in queste circostanze si era autonominato guardia del corpo del nostro tinkerer.

Sentivo le spalle e il collo indolenzirsi per il carico eccessivo che mi portavo sulle spalle. Dutharr stava certamente pensando che dopo il nano, sarebbe toccato a me e che forse la Serratura di Suzail non era poi così male.

Che razza di posto era? I corridoi si restringevano e si moltiplicavano, curvavano e presentavano continuamente nuove aperture.

“Dorvak, maledetto scatarro di fosso, qual è la dannatissima strada?” sbottò Dutharr esasperato, ma il nostro contatto era nuovamente sparito.

Alle volte Dutharr era a fianco a me, altre volte era lontanissimo. Gli echi dei nostri passi rimbalzavano sulle pareti trasformandosi in inquietanti sussurri. Cos’era quella cosa che cercava di mangiare la faccia del comandante? Qualcuno mi aveva rubato la spada e la infilava nel ventre di un’ombra uscita da chissà dove. Non riuscivo a capire se il caduto fosse un amico o un nemico. Volai all’indietro. Le mante con cui era stato confezionato lo zaino speciale erano tornate in vita e si dimenavano per liberarsi. Là per là mi parve giusto, invece Reznor ne fece trofei da collezionare puntando spilli sulle loro piatte teste. Alcuni burattini presero fuoco e animarono per me uno spettacolo di danza macabra veramente impressionante. Applaudivo come facevo da bambino seduto sulle gambe di mio padre con la mia sorellina.

Quando la testa infuocata dell’ultimo ghoul mi rotolò tra le gambe, mi alzai di scatto.

Mi guardavano tutti con un’aria tra il divertito e il preoccupato. Da una parte tutti pensavano che mi stesse proprio bene, dall’altra ero io che li dovevo guidare.

“Sì, beh, se questo puzzo schifoso non vi fa alcun effetto, dovreste farvi qualche domanda!” dissi furioso scansando gli altri e procedendo in una direzione casuale in quel dedalo di latrine per gnoll.

Sbucai in una camera più ampia: diversi sarcofagi erano disposti ordinatamente nello spazio. Dalle sculture supine che giacevano sui coperchi, immaginai si trattasse di tombe di notabili della città. Non una nostra priorità. Avanzai nuovamente prima che gli altri mi raggiungessero. Mi trovavo in un crematorio, si poteva vedere ancora ben conservato il grande forno annerito che le muffe e l’umidità non avevano ancora devastato.

Feci per proseguire ma una voce mi fermò.

“No, siamo arrivati e vi assicuro che non è prudente prendere quella via.”

Dorvak era di fianco a me e ci invitava educatamente a procedere nella direzione di una parete.

Dutharr, immaginando che prima o poi quel nano oscuro sarebbe ricomparso, si era preparato, aveva estratto per tempo un pugnale ed era pronto a riscuotere in sangue ciò che quell’indisponente gli aveva fatto patire.

“Se finora questo è bastato a tenere le persone lontane dall’ingresso che cerchiamo, potevate dirmelo prima e vi avrei mandato il mio nipotino.”

Precedendo il comandante, Knick-Knack si avvicinò alla parete, diede un calcetto a un mattone alla base del muro e provocò uno scatto. Reznor, che per la prima volta vedevo solerte, spinse la parete che ruotò su se stessa, rivelandosi un passaggio nascosto.

Oltre il passaggio c’era un’altra stanza senza aperture e nuovamente, bofonchiando la sua solita litania, il tinkerer trovò e aprì un secondo passaggio che portava fuori dall’antico edificio in cui ci stavamo muovendo e penetrava in una lunga caverna in discesa che si snodava nel sottosuolo.

“Mettete giù i sacchi e apriteli, passatemi ciò che chiedo e procuratemi ciò che avete ritenuto indispensabile lasciare a casa. Se tutto va bene ci metteremo qualche ora.” Il Tinkerer si sfregò le mani, si tirò su le larghe maniche che gli ricaddero immediatamente sulle mani nella sua più totale indifferenza.

Knick-Knack

Cercai di capire quello che faceva, ma ben presto dovetti desistere. Probabilmente non procedeva in modo lineare. Cominciava a lavorare su qualcosa poi lo abbandonava per spostarsi in tutt’altro luogo. Fece aspettare Dutharr una buona mezz’ora con un paio di carrucole e una cinghia in mano, sospesa sopra la testa, poi gliela fece appoggiare senza che ne avesse fatto niente. Lessi negli occhi di Dutharr che aveva segnato un altro nome sulla sua lista.

Questa scenetta igienica di vita operosa e solidale venne incrinata da una voce allarmata.

“Gli Zhentilar! Sono al condotto. Non credo che siano in tanti. Se ci vedranno, faranno di tutto per scappare e quando ritorneranno per noi sarà la fine,” comunicò Dorvak visibilmente teso.

“Knick-Knack, quanti uomini ti servono per continuare il lavoro?” dissi al nostro mastro ingegnere, scrutando la stanza dei sarcofagi e l’entrata del labirinto dei ghoul dietro di essa.

“Se non volevate darmi manodopera potevate dirmelo, mi sarei risparmiato questa sfacchinata.” Valutai seriamente di aprire una mia lista, ma per il momento lo gnomo mi serviva. Il problema non era vincere lo scontro, ma evitare che qualcuno di quelli ci sfuggisse. Io, Dutharr e Gruncer ne avremmo potuti bloccare tre, un’azione di sorpresa combinata di Dorvak e Reznor ne avrebbero fermato un altro, forse due. Quando chiesi a Weirdo se poteva occuparsi di un sesto, fischiò. Knick-Knack avrebbe momentaneamente occultato il passaggio tra la stanza dei sarcofagi e il crematorio. Li avremmo fatti arrivare fino a lì e poi chiusi alle spalle. Potevamo farcela.

Sperai che qualche ghoul se la prendesse con i nuovi arrivati, ma dal silenzio che proveniva dal labirinto, dovetti appurare che no, riservavano il privilegio a me soltanto. Iniziai una  nuova lista che chiamai “i miei genocidi” e mi appuntai mentalmente che al punto primo avrei messo proprio quei marcescenti pezzi di stracci.

Il tinker aveva fatto apparire delle macerie sul lato ovest della stanza dei sarcofagi. Si dimostrava proprio utile quel tappetto, forse lo avrei lasciato uccidere a Dutharr!

Quand’ecco che arrivarono. Penetrarono nella stanza sospettosi, ma ignari dell’imboscata che stavamo tendendo loro. Io e Dutharr afferrammo per il collo due individui vestiti con una cappa da olocausto e ce ne sbarazzammo velocemente. Tassos Bravos avrebbe speso due veloci parole per loro, ma non c’era. Poco dopo Reznor e Dorvak entrarono trascinando per i cappucci altri due cadaveri. Pareva essere andato tutto liscio, quando una figura emerse dalle ombre del corridoio, forse un quinto membro del gruppo che si era perso ed era fortuitamente sfuggito alla nostra rete. Si girò e si mise a correre. Non avremmo potuto raggiungerlo e nemmeno colpirlo a distanza perché era già sparito dietro una delle tante curve di quello stramaledetto posto. Un brivido freddo mi percorse la schiena.

Weirdo fischiettando strani motivi cacofonici e mimando una specie di attacco di artrite con le mani si fece avanti, Improvvisamente dai meandri del corridoio esplose un doloroso rumore acuto. Ci portammo le mani alle orecchie doloranti. Immaginai che essere nell’epicentro di quel suono doveva essere ben più che doloroso.

Girovagai per quei corridoi finché non mi imbattei in un corpo stramazzato a terra, perdeva sangue dalle orecchie e dal naso. La vita lo aveva già lasciato.

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