22 Kythorn, 1369 DR – Un risveglio carico di novità

“10 sono i giorni, come le dita di Moradin creatore, 
9 i livelli che conducono alle profondità della cittadella di Bazakrak,
8 i grandi Clan che forgiarono l’alba del popolo dei nani,
7 i Cercatori che rinvenirono l’Orgoglio della stirpe dei Grandi Re,
6 le guerre coi goblinoidi che forgiarono le razze,
5 gli artefatti creati da Venadargento, primo fra i nani,
4 i salmi che ogni guerriero recita prima della battaglia,
3 gli occhi coi quali Diirinka fende l’oscurità,
2 le porte da attraversare per entrare nella casa dei padri, ove riposeremo,
1 l’Unico Clan che nascose la Truce Ascia agli occhi del mondo.” - antica filastrocca nanica, usata dai bambini di Faerun per accompagnare “Dieci Ricordi” ( gioco durante il quale si lancia la palla contro il muro, abbinandolo a prove di equilibrio).

Una notizia, si sa, specie quando è allarmante e catastrofica, corre di bocca in bocca, veloce come i roc sono soliti fendere i cieli dei picchi più scoscesi e inaccessibili. E così l’agguato nel tempio di Berronar Veroargento, che aveva mietuto ben più di una vittima, scuoteva le coscienze degli abitanti di Mirabar, aggiungendo nuovi interrogativi sulla loro incolumità e indipendenza, da sempre pagata con la moneta più orribile: il sangue. Dalle quattro porte che davano accesso alla fortezza, lungo le scale che conducevano alle sommità dell’abitato – sormontato dai giardini perenni – o nelle profondità, che correvano giù ripide fino al sesto livello della Città Sotterranea, non si parlava d’altro. Sebbene i martelli continuassero a colpire la pietra, frantumandola; i carri a stridere e cigolare per le tortuose e strette vie; i fabbri ad alimentare la fucina; i commercianti a strillare per promuovere la loro merce; pensieri opprimenti affollavano la mente dei mirabariani.

Si può dire che, fatto salvo per il rumore, la stessa atmosfera pervadesse le stanze nel Palazzo delle Udienze, ove dimorava il Venerabile Dirnal di Clangeddin Barbargento. Fiori erano ammonticchiati alla sua porta per omaggiarne il coraggio, riconoscendo quello che avrebbe potuto essere il suo estremo sacrificio, quando mortalmente ferito si era gettato nella lotta disperata con i bombaroli che avevano assalito il palchetto delle autorità. Il corpo del nano era stato sottratto alle macerie, completamente ricoperto dalla bianca calce caduta dalle pareti, ma ancora in vita. Dirnal non era caduto, protetto per l’ennesima volta dalla mano del suo dio guerriero.  Si vociferava Clangeddin si divertisse troppo a seguire le vicende mortali del suo protetto, e così non si rassegnava ad aprirgli le porte della casa di Moradin, anche se, a dire il vero, l’età di Dirnal e le sue fatiche terrene meritassero il giusto compenso alla tavola dei padri.

L'elmo di Dirnal durante il matrimonio
L’elmo di Dirnal durante il matrimonio

«Ma quale riposo e riposo!» tuonò dal suo giaciglio, mentre Etihw cercava di convincerlo che ancora non fosse il momento di alzarsi, date le ferite riportate nell’attacco al tempio.

«Dirnal, Etihw ha ragione» disse la figura scura accanto al letto del convalescente, Halfgrimur lo osservava coi suoi occhi di ghiaccio.

«Non è certo questo il momento di riposarsi» insistette il nano, cocciuto come sempre, «Se non facciamo immediatamente qualcosa, dopo quello che è accaduto ieri, ci saranno ripercussioni in città, e non di poco conto! Dimmi, Etihw: qualcuno ha rivendicato l’attacco?»

«No, maestro. Tuttavia non si parla di ieri: lei» fece una pausa «ha dormito quasi una decana.»

«Dieci giorni? Non ho dormito dieci giorni in tutta la mia vita, figuriamoci» disse Dirnal disorientato e incredulo, poi con fare ancora più apprensivo chiese: «Qualche notizia degli altri? Starag, Cliara…» un colpo di tosse gli impedì di completare l’elenco.

«Devi calmarti, vecchia barba» disse Imong. Anche lui aveva vegliato l’amico: per tutto il periodo, durante il quale il nano aveva soggiornato in quel sottile lembo di coscienza che divide la morte dalla vita, era rimasto accanto al suo letto: «Ammetto che tu non abbia mai avuto… un colorito particolarmente salutare… ma adesso mi ricordi più Acererak o… un nano delle profondità…»

Quell’accostamento risultò efficace, poiché calmò Dirnal esemplificandogli le proprie condizioni di salute.

«Ascolta» continuò mastro Ituttof, «pare che, in un qualche… modo, se la siano cavata tutti… solo con qualche graffio. Le più gravi sono Sigrieda e… Ardinna. Starag, Cliara… e Durrl sono già fuori pericolo.»

«Della giovane sposa dei Morklist invece non si sa nulla. La goblin che si spacciava per Runa è stata trafitta a morte dalla lama di Imong» disse Halfgrimur.

«E il seguito che l’ha accompagnata all’altare?» chiese Dirnal.

«Dileguato o sciolto come neve al sole, proprio come ci era accaduto al Boccale e le Gemme» disse tetro il cormanthoriano.

In quel momento, dimenticandosi di bussare, fece la sua entrata Martin Pourfish che, successivamente ai fatti della cerimonia nuziale, si era attaccato alle ghette di Halfgrimur e Imong senza più staccarsene. Del resto ai due, in assenza di Dirnal, occorreva qualcuno introdotto nella società mirabariana e Martin aveva dimostrato di sapere il fatto suo. «Abbiamo posta» disse compiaciuto. Tutta quella faccenda, i bolli e le scartoffie, il fatto di trovarsi nel Palazzo delle Udienze, poter fare da tramite tra gli illustri ospiti del Venerabile nano e le autorità di Mirabar, gli calzava a pennello. Martin era tagliato e qualificato per le relazioni umane, non c’era che dire, cosa nella quale, al contrario, l’elfo e lo gnomo erano piuttosto carenti.

«Dicci» disse l’elfo.

«Alla cortese attenzione del Venerabile Dirnal Scudonero, figlio di Olaff, eletto di Clangeddin Barbargento…» iniziò scorrendo veloce lo scritto, «In quanto le condizioni… sì, giusto… si richiede urgentemente la vostra esperienza per dirimere… chiaro, certo… le è quindi fornita l’autorità necessaria dal Consiglio delle Pietre Scintillanti… come da prassi… nel caso le attuali condizioni di salute non dovessero permetterle… beh, mi pare evidente… ringrazio anticipatamente… timbro… Shoundra Baglioredistella, Sceptrana di Mirabar». Martin piegò con cura la missiva, si versò un calice di vino rosso come se quel gesto fosse il completamento di un cerimoniale, si accomodò su una sedia prossima alla porta finestra – che dava accesso ad un terrazzo dalla vista squisita – e recitò la parte del finto sbadato, aspettando gli venisse richiesta esplicitamente una consulenza.

Martin Pourfish
Martin Pourfish

«Si può sapere chi è questo barbagianni che gira come se niente fosse per i miei appartamenti? Ma soprattutto, perché legge la mia posta?» chiese Dirnal incredulo, cercando a tastoni Whelm sotto le coperte, maledicendo il martello per non essere mai a portata di mano quando maggiormente ne avesse urgenza.

«Ah, lui è Martin Pourfish… è una lunga storia, vecchia cariatide. Ti basti sapere che Martin ci ha aiutato a sbrigare… le mille faccende delle quali avresti dovuto occuparti… tu, mentre ti concedevi… il meritato riposo» disse Imong con la sua vocina petulante.

«Etihw non avrebbe potuto stare al tuo capezzale e contemporaneamente aiutarci a capire cosa andava succedendo, cerca di capire» disse Halfgrimur.

«Ma, ma… porta anche le mie pantofole!?» protestò Dirnal.

«Una piacevole coincidenza che portiamo lo stesso numero, Venerabile» rispose Martin, controllando lo stato della manicure.

«Per i baffi dei Grandi Re…» il vecchio ecclesiasta, sfinito, non riuscì più a controbattere.

«Ora, però, vorremmo… sapere cosa vuole… da Dirnal… la Sceptrana di Mirabar, Martin…» disse Imong.

«Semplicemente chiede che – in assenza del questore Sigrieda – il Venerabile Dirnal si occupi delle indagini, per evitare nuove faide e il caos in città. È una lettera molto formale, ma tra le righe si può intuire una certa apprensione. Fatevelo dire: sediamo su di una polveriera. Se non sarà chiarito quanto prima il mistero della sparizione di Runa e chi ha assaltato il tempio, potremmo trovarci in una situazione difficilmente recuperabile.»

L’unico commento nella stanza fu il sospiro di Imong, era proprio vero che gli Ituttof avevano la dannata capacità di essere sempre nel posto sbagliato, nel momento sbagliato.

(Sessione III,  21 Ottobre 2021)

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